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Title: NoLike Slug: nolike
Sulla Questione Social
1 ottobre 2018
A cosa servono i social network? - Dibattito su strumenti e limiti della comunicazione social
Noi supportiamo il fediverso! (dal manifesto NO LIKE, di Nonèmi Nein, Ed. Arcigna).
Questo documento è il risultato di numerose discussioni tenutesi a Unit hacklab, all'interno dello spazio occupato Macao a Milano. Nel giugno 2018 abbiamo formattato questi pensieri allo scopo di portarli all' Hackmeeting di Genova sotto forma di talk dal nome: Spazio di comunicazione - no like.
Sono state anche rilevanti: la discussione introduttiva al Cryptoparty organizzato da Unit hacklab in Macao il 15 aprile 2018, l'incontro con il progetto facebook.exposed durante il talk Piano d'azione contro il dominio dei monopolisti di vecna durante LOST del 16 maggio 2018 in Cox18, gli incontri di tecnopolitica tenuti a Unit in ottobre e novembre 2017, la lettura e compagnia di Ippolita Nell'acquario di Facebook, la vicinanza di Autistici e il warm up pre-hackmeeting del 14 e 29 giugno 2018 a Milano.
Unit hacklab ha deciso di non usare Facebook per comunicare le sue iniziative, neanche con un account anonimo, neanche in forma collettiva. Neanche. Siamo riusciti a comunicare egualmente grazie alla nostra capacità di utilizzare la rete: web, wiki, newsletter, chat e passaparola, ma abbiamo la consapevolezza che non possiamo meramente richiedere la stessa modalità a tutte le entità che desiderano divulgare le proprie attività, soprattutto se non si occupano di internet, ma si limitano a usarlo.
Ci siamo detti che prima di usare uno strumento sociale, avremmo potuto permetterci di domandarci prima qual'è la nostra idea di comunità e anche di ri-definirla.
l'Introduzione
In questi anni abbiamo vissuto un fenomeno di forte divisione e conseguente disagio che hanno portato alla attuale confusione sul tema della comunicazione e della diffusione di informazione su internet. Queste in particolare legate al fatto che molte dinamiche sono cambiate. Se pochi anni fa per collegarsi ad internet occorreva uno sforzo e si parlava di digital divide per indicare il divario tra le persone connesse e quelle no, oggi la connessione alla rete è praticamente forzata (chi ha un telefono intelligente è automaticamente collegato) e forzuta (il canale di comunicazione è stato occupato da un monopolista). Internet e "le reti" sono diventate di ampio uso ed hanno acquisito, utilitaristicamente, una grande importanza la componente di diffusione sociale e relazioni di potere. Gli strumenti di comunicazione hanno iniziato a sedimentarsi offrendo sempre meno un margine di contatto con altre realtà e possibilità di sviluppo. In particolare la realtà di comunicazione e diffusione delle "controculture" è migrato, da un orizzonte molto ampio con tanti siti modalità di comunicazione, attacchinaggio e in genere "realtà", che offrivano ognuna caratteristiche diverse, come ad esempio indymedia, ad un unico approccio di diffusione di funzionamento (di discutibile successo) che sono i Social. La parte fondamentale è capire che non c'è un unica soluzione, ma tantissime possibili. Di sicuro, quello che c'è non è l'unica cosa possibile ne tanto mento "il migliore dei mondi possibili". Questo fatto è fondamentale, il fatto che sui Social ci siano tutti è un fatto, ma non un bene, bensì un omologazione del pensiero e della modalità espressiva. Ciò che ha successo perché attrae le "masse" non è una conseguenza di una brillante capacità di analisi della società o un rispecchio dei bisogni umani. I bisogni sono perlopiù bisogni creati e "l'attrazione" è una conseguenza principalmente della massa critica, che consegue a livello strutturale e psicologico. Nella "guerra della comunicazione" non ha "vinto il più bravo", ma solo quello che ha rispettato meglio la sovrastruttura già presente e il più forte in termini di mezzi di produzione. Questo fenomeno ci ha portato a ragionare su fatto che sarebbe necessario ricreare uno "spazio" di comunicazione di diffusione delle realtà con un approccio critico e politico che abbia un approccio da controcultura, partendo dalle basi stesse della comunicazione dell'identità e di cosa vogliamo. La soluzione non sta in un software o in un nuovo protocollo, ma bensì nell'analisi e nella critica che faccia sì che si possa sperimentare in altre direzioni, saranno queste, secondo noi, a strutturare un modo diverso di approcciarsi alla comunicazione.
La presentazione del talk:
A cosa servono i social network? - Dibattito su strumenti e limiti della comunicazione social. Se la vicenda di Cambridge analytica ha portato al grande pubblico, compresi gli arborigeni coi quali cerchiamo da sempre di dialogare e di dirci qualcosa, la questione del potere sui cosiddetti social network. Se il gruppo Ippolita ha individuato e indicato anche prima di allora le modalità di funzionamento di Facebook nella pornografia emotiva e nella gamificazione. Se il progetto facebook.tracking.exposed ha tentato di decostruire il funzionamento dell’algoritmo del social monopolista e suggerisce oggi che ognuno abbia il suo proprio algoritmo. Se Unit hacklab con la sua voce collettiva frammentata e traumatizzata si domanda: ma se la piazza diventa centro commerciale che fai? Apri un negozio o gli pianti dentro un casino? Se il gruppo Glep ricorda il sabotaggio come strumento di critica. Se il collettivo Trammenti ricorda che dovremmo ripartire dal concetto di comunità prima della questione tecnica. Se la tendenza di oggi è che la tecnica ci salverà, ma vorremmo partire prima dalle persone e siam qui a domandarci: ma noi cosa vogliamo? Prima di impastarci gioiosamente su identità, delega, autorità, affinità, struttura e responsabilità non possiamo che elencare la scaletta: dopo una breve intro, cominceremo con il resoconto tecnico di alcune pratiche di utilizzo di social network, per arrivare più consapevoli a una desideranda e solo allora si aprirà dibattito. A cura di Unit hacklab, collettivo Trammenti, gruppo Ippolita.
Com'è andato il Talk
Il talk si è svolto partendo da una introduzione a quella che abbiamo chiamato: "la questione social", ossia sul come fare a gestire la comunicazione senza usare le piattaforme commerciali e perché. Il collettivo Trammenti ha portato la sua esperienza pratica di utilizzo delle seguenti piattaforme di comunicazione sociale alternative a quelle commerciali: Friendica, Hubzilla, Retroshare, IRC, I2P, Tox, Matrix, Xmpp, Zeronet e Netsukuku. Concludendo che nessuna di queste ha portato piena soddisfazione. Incuriositi dall'esperimento del Collettivo Bida di Bologna che qualche mese prima avevano implementato e cominciato a usare con successo Mastodon, un* di noi ha installato una instanza di Mastodon e abbiamo cominciato ad usarlo, federandoci con i peer Bolognesi.
Questa istanza non è un albergo
Abbiamo raccontato la nostra esperienza di Mastodon che è stata brevissima. Mastodon non è distribuito. L'amministratore che ha implementato l'instanza ha rilevato che la responsabilità per il comportamento degli utenti sarebbe ricaduta su di lui risalendo alla macchina e l'ha distribuita nominando altri tre amministratori. Uno di questi, rilevando che non era chiaro come gestire la mole delle iscrizioni dal mondo là fuori e desiderando continuare la sperimentazione tra persone conosciute, ha chiuso ai nuovi iscritti.
Abbiamo in seguito ragionato come gestire i logs, i consensi, la normativa EU GDPR e il come gestire l'autorità dovesse venire a chiedere notizie di un post "scomodo" e in generale come autotutelarci. Ci siamo così ricordati come l'uso dei social riproponga le dinamiche sociali di potere, anche economiche.
Questa proposta di disclaimer pseudo-legalese apparsa solo nella mailing-list di Unit il 26 giugno 2018 può dare l'idea della confusione:
Questa macchina, non diversamente dalle altre macchine affacciate sulla rete che offrono servizi, seraficamente registra informazioni oltre i dati immessi volontariamente pigiando sui tasti: quali l'user agent del browser o l'indirizzo IP dal quale avviene il collegamento. Internet oggi funziona così. Ma, diversamente da altre macchine affacciate sulla rete, questa macchina ha dietro gente che non vorrebbe registrare nessuna informazione e lavora duro per non farlo. Fa ricerche, sperimenta e si informa. Il primo punto è che vogliamo usare questo servizio, non raccogliere dati. Il secondo punto è che non siamo in malafede, non intendiamo vendere o trarre profitto dai dati. Di questi tempi, ci rendiamo conto di quanto queste affermazioni suonino bizzarre. La legge, e in particolare il GDPR, il regolamento europeo 679 del 2016, ci impone di trattare bene i dati degli altri. Noi crediamo di farlo per consapevolezza e non perché obbligati a farlo dalla legge. Teniamo dunque meno dati possibile, in ogni caso non li usiamo altrimenti che finalizzati al servizio mastodon e siamo ispirati dai principi di liceità, finalità, minimizzazione, esattezza, limitazione e riservatezza. In breve, sui dati: Li buttiamo appena possibile. Non li comunichiamo a nessuno. Non ne facciamo profitto. Tendiamo a non avere log. Si, alfieri del no-log. Oggi come ieri. Puoi andartene quando vuoi. Saluta quando esci. Questa istanza non è un albergo.
Fuori dalla tecnica
Siamo poi usciti dalla parte tecnica sulla sperimentazione di strumenti per tornare a ragionare sulla comunità e in particolare sul concetto di identità (singola e collettiva), delega, autorità, tracciabilità ed ecologia.
Prima di creare o usare un social network dovremmo farci due domande sul tipo di comunità che vogliamo. I social sono relazioni di potere, eppure alcune persone, sopratutto quando vengono rappresentate come massa, non vuole la libertà ma vuole che qualcuno gli dica cosa fare. La pappa pronta. Ci rendiamo conto del rischio di stare a pensare un Social per smanettoni mentre alla gente là fuori magari va benissimo restare utenti e dare totale delega. Osserviamo anche che c'è grossa crisi! Viviamo una crisi economica strutturale. Stare fuori da Facebook se lo possono permettere i ricchi e gli intellettuali, non se lo può permettere chi sta cercando lavoro, chi vive una interruzione delle relazioni affettive, chi emigra.
Abbiamo elencato delle desiderata su cosa vorremmo e non da un mezzo di comunicazione sociale:
- Che non sia un clone dei social commerciali, che non riproponga la stessa interfaccia, che non obblichi agli stessi percorsi e non replichi le stesse dinamiche, come ad esempio fa OpenOffice per MS Office.
- Che sia software libero.
- Che non sia censurabile.
- Che non sia costruito a misura di device, come fatto apposta per essere usato su un telefonino.
- Che siano tutti partecipanti e non utenti, tantomeno utonti (meno delega, meno centralizzazione del potere).
- Che riconosca le differenze e non ci appiattisca. Siamo tutti diversi e tutti pari.
- Che permetta sviluppo e uso a comunità piccole (che sia federabile).
- Che sia distribuito/decentrato (p2p).
- Che permetta riservatezza (la questione identità e tracciabilità, la cifratura).
- Che non crei dipendenze (niente gamification, no like e manco le stelline)(limitazione del danno).
- Che sia utilizzabile in maniera asincrona, per evitare ansia da prestazione e da risposta immediata.
- Che ci permetta di storicizzare i contenuti che mettiamo. Cioé di poterli recuperare e organizzare e che non ci schiacci sul presente, dove ogni giorno è un giorno nuovo e quello che è successo ieri non esiste più.
- Che ci permetta di avere una voce collettiva. (Tutti i social atomizzano l'utilizzatore obbligandolo ad essere solo, a volte addirittura ad usare nome vero).
- Che permetta di valorizzare i contenuti lavorati (non solo flusso di coscienza e rilanci).
Il resto del tempo è stata dedicato al dibattito con i presenti.
Conclusioni del talk
Il momento che ricordiamo più interessante del dibattito è stato quando qualcuno ha chiesto perché mai non usassimo un semplice sito web per comunicare.
Le nostre conclusioni sono le seguenti:
L'educazione è importante, non possiamo pensare di utilizzare strumenti potenti senza sapere nulla di come funzionino. Esistono degli strumenti già collaudati che sappiamo usare in molti. Ci serve di usarli bene. Distinguiamo la comunicazione in almeno due finalità: organizzazione e diffusione.
Questi strumenti di comunicazione sociale sono:
-
la Email e la Mailing list per l' organizzazione
-
Il feed RSS e la pagina web per la diffusione
Ci impegniamo a divulgare l'uso della email e della mailing list. vedi: Come usare una mailing list
L'email è portatile, collaudata, universalmente accettata, archivabile, asincrona.
Il feed RSS non impegna a dover creare un account per seguire chi diffonde contenuti.
Progetti
Sul sito abbiamoundominio.org faremo un sottodominio con aggregatore di feed rss, cioè una pagina dove trovare gli eventi divisi per data e luogo, degli eventi che le varie entità diffondono usando RSS.
Stiamo lavorando a un software chiamato Ciclostile che permette, impostando quattro campi: data, luogo, titolo, descrizione e una immagine di ottenere un Pdf da poter stampare come volantino e una pagina html. Potremmo aggiungere la funzionalità di offrire un feed RSS? La pagina html serve alla creazione di un sito, il Pdf può essere stampato per servire da volantino, ma anche postato su Facebook, con il risultato però che a chi ha programmato l'evento rimane un archivio e non avrà semplicemente donato le sue parole e i suoi sforzi a Facebook, il quale ha una memoria selettiva.
Stiamo progettando di usare IPFS per la creazione di spazi di diffusione liberi.
Limitazione del danno: alcune pratiche di utilizzo di Facebook
Vogliamo citare le parole di Joe Strummer: se ti scopi le suore, prima o poi finisci in convento. Dunque noi abbiamo deciso di non usarlo. Crediamo anche nelle parole di Marguerite Duras: Chi sceglie il male minore dimentica in fretta di aver scelto il male.
Ma a parte gli slogan di radicalismo d'effetto, non ha senso fare diffusione in un luogo dove devi fare un login per entrare e dove viene effettuata censura sui contenuti, sia eliminando quelli scomodi, sia decidendo cosa far vedere a chi secondo regole oscure.
Se proprio un gruppo che ha una pratica di incisione nella realtà deve usare Facebook, almeno elabori i contenuti al di fuori e li copia incolli solamente sul social. In questo modo archivia e tiene memoria del suo lavorato e lo diffonde anche a chi non usa Facebook.
Inoltre postare solo contenuti parziali obbliga ad uscire dai social, facendo cliccare fuori. Saltare fuori dal giardinetto recintato, la bolla dalla quale solitamente non si esce. I contenuti che vengono immessi su Facebook sono persi e ceduti a questo social il quale oltre a sussumerli, usarli a profitto e talvolta a discapito di chi li crea, trita e poi fa polpette del vostro io digitale! È diacronico e schiaccia sul presente, tramuta il popolo in massa, senza memoria, senza voce collettiva, con solo la beffa di una critica.
Pdf da stampa SHA512(nolike.pdf)= 66d579e17084b5c50832e403429f2f2378dbd8dc16538ada37754210d3ab71e73a87e96ea7c3825c7a51718fd78dea441cc6610fed2ce2bba78036a05fd6e187
Unit hacklab, ultimo aggiornamento 18 ottobre 2018