Quelle che seguono sono alcune considerazioni nate dopo i primi due cicli di LOST. Non
costituiscono una premessa agli incontri dei cicli successivi né, tanto meno, vogliono essere una
sintesi dei precedenti. Si tratta di osservazioni intese ad arricchire le [ipotesi iniziali]({filename}/pages/RFC.md) del progetto, scaturite dal riascolto degli incontri svoltisi presso il CSOA Cox18[ref]A organizzare LOST, i cui primi due cicli d’incontri si sono tenuti presso il CSOA Cox 18 nella prima metà del
2018, sono stati: il centro sociale stesso, il collettivo Ippolita, l’hacklab UNIT, la Calusca City Lights e l’Archivio Primo Moroni.[/ref].
L’attività scientifica consiste nell’ipotizzare determinati schemi interpretativi, pur con la
consapevolezza che nessun modello potrà comprendere la materia del mondo. Ci si orienta quindi
per approssimazioni successive e inevitabilmente capita che ci si sbagli, ma non per questo si deve
ricominciare da capo né rinunciare del tutto.
Contemporaneamente anche la politica, intesa come attività volta a trasformare il mondo, necessita
inevitabilmente di un modello interpretativo che, a differenza di quanto si poteva pensare ai tempi
in cui la scienza aveva un assetto deterministico, sarà traballante e lacunoso.
Partendo da questi limiti (che sono innanzitutto di chi scrive) possiamo cercare di capire cosa sta
avvenendo nel campo tecnico-scientifico considerando il ruolo degli attori, la storia precedente e
facendo delle ipotesi -seppur timide- sulle possibili evoluzioni. Interesserà quindi la fenomenologia
dell’impatto delle ‘nuove’ tecnologie (dove il digitale la fa da leone ma non è solo) ed anche la loro
sostanza, sia materiale che organizzativa.
Interesserà sapere chi paga e chi guadagna con tutto ciò, essendo assai evidenti i grossi interessi in
gioco, ma anche “cosa” e “come” si paga e si guadagna, inquantoché non è detto che la posta in
gioco sia solamente economica e/o materiale.
Interesserà capire come accade che un meccanismo (tecnico o comunicativo) funzioni più di altri
dal punto di vista della produzione di consenso e dove ciò possa portare, con particolare attenzione
alla politica di cui si parlava prima[ref]Cfr. LOST 1.5, [Gamificazione e neuroscienze cognitive]({filename}/blog/1 eventi/20180418_Gamificazione.md).[/ref].
In ogni esposizione è buona norma indicare il campo preso in considerazione e i suoi eventuali
limiti. Vediamo quindi di dire subito di cosa il LOST non si è occupato, affinché si possa pensare di
recuperare in futuro o decidere consapevolmente di lasciar perdere.
Fra tutte le scienze e le tecniche, LOST si è occupato prevalentemente del digitale, informatica,
networking e applicazioni connesse. Indiscutibilmente si tratta del fenomeno oggi più appariscente
e, probabilmente, dotato del maggiore impatto sulle nostre vite. Ciò non toglie che sia esso stesso
figlio di alcune trasformazioni tecnologiche nel campo della microfisica e della scienza dei
materiali che, per fare un solo esempio, hanno permesso l’estrema miniaturizzazione delle memorie
e dei processori a costi ‘accessibili’ per un mercato di massa.
Dove e come la ricerca di questa scienza si svolga è importante per conoscere le dinamiche sottese a
quegli epifenomeni che costituiscono la nostra prima base di osservazione. Le *server farm* sotto il
ghiaccio del polo o le transazioni finanziarie ad alta frequenza potrebbero sembrare un dato di fatto
mentre non lo sono per nulla.
Ogni sistema esplica la sua potenza per mezzo della trasformazione dell’energia. Le relazioni
politiche internazionali si sono, almeno dall’inizio del Novecento, attorcigliate attorno alle risorse
energetiche e, ancora oggi, gli Stati entrano in guerra per poter costruire un gasdotto, ma ciò non
toglie la pregnanza della domanda: quelle del metano e del petrolio sono le fonti energetiche e le
tecnologie che meglio si confanno alle nostre vite? Senz’altro la produzione di energia elettrica per
mezzo di combustibili fossili impone grosse concentrazioni di risorse, richiede un’ampia delega al
fornitore e produce notevoli dipendenze dalla fonte, cosa che alla Politica con la P maiuscola,
quella degli Stati e dei *media mainstream*, non dispiace affatto perché definisce precisi ambiti e
flussi di potere.
Un altro aspetto che non è stato finora messo sufficientemente in risalto da LOST è quanto accade
nel mondo della produzione, ciò vien chiamato *Business to Business*. Che ne è degli apparati di
elaborazione dell’informazione delle piccole e grandi imprese? Che ne è dei software che regolano
le transazioni commerciali di merci / denaro / eserciti? Che cosa sono divenuti oggi il tecnico
informatico, l’analista programmatore e anche l’analista finanziario? Che gradi di libertà hanno
queste figure, quando si confrontano con un’infrastruttura esternalizzata che vedono come un
*servizio*? E quindi, infine, chi controlla quest’infrastruttura e ne assicura la manutenzione?
L’impressione è che, similmente a quanto accade al privato cittadino quando si dota di uno
smartphone che non può neanche più spegnere, così l’impresa si affidi sempre più a strumenti sul
cui funzionamento non sa più nulla, cedendo così un ennesimo residuo di autonomia al monolito
della tecnologia, ancor prima di entrare nell’arena del mercato.
Interessa, si è detto, capire il ‘giro del fumo’: chi paga chi per fare cosa. C’è chi attribuisce una
connotazione volgare e retrò a un simile approccio, ed effettivamente una serie di vicende politiche
abbastanza recenti hanno dato fin troppo peso al lato economico della vita delle persone. Ma se
dell’effettiva utilità di un approccio come quello qui brevemente indicato si potrà dire solo a
posteriori, almeno dobbiamo fare lo sforzo di non dimenticare *mai* i lavoratori della Foxconn, della
cui fatica ci gioviamo quando prendiamo un passaggio con BlaBlaCar.
Potrebbe essere utile indagare anche gli effetti delle tecnologie sull’urbanizzazione e sulla
trasformazione del contesto sociale nel suo complesso. Come potrebbero reggere megalopoli da
30Mil di abitanti senza un uso *industriale, capitalista, mercificato* della tecnologia? Quanto il modo
dell’abitare / convivere / organizzarsi come individui associati delega oggi alla tecnica? E, ancora,
quali sono gli effetti di modelli di mercato, questi sì del tutto nuovi, tipo Uber o AirB&B sul
contesto urbano?
Infine a LOST vale chiedersi *chi è* e dov’è finito l’utente finale, l’attore intermedio, il *villico* che,
pur non essendo potente, non è per nulla ignorante? Anzi è proprio la storia della scienza a
insegnarci che è dalle piccole officine che le migliori soluzioni arrivano alle accademie[ref]Clifford D. Conner, *Storia popolare della scienza. Minatori, levatrici e “gente meccanica”*, Tropea, Milano, 2008.[/ref].
Una riappropriazione collettiva della conoscenza e della capacità di *fare* è premessa
imprescindibile, e al contempo auspicabile e benefico effetto, d’una capace lotta contro gli
strumenti che aggrediscono le nostre vite.
Ora torniamo al dunque, che è un bel dunque.
<center>{% img center half /images/red-cavalry-riding-base2.gif %} </center>
Oggi la diffusione di Internet è senza pari, probabilmente nella storia dell’umanità non ci sono
esempi di una tecnologia così uniformemente e capillarmente diffusa. Si può stimare a tre miliardi e
mezzo il numero di smartphone in uso attualmente nel Pianeta, prodotti da un certo numero di
marchi diversi che, però, non supera i duecento[ref][https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_produttori_di_telefoni_cellulari](https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_produttori_di_telefoni_cellulari)[/ref]. Al di là degli aspetti più strettamente tecnici, è un
fatto rilevante che la gran parte delle informazioni scambiate tra le persone attraverso la rete viene
filtrata dai collettori dei social principali.
Google, facebook, Twitter, Instagram, WhatsApp, ... sono il punto di arrivo o di partenza della
maggior parte delle interazioni rete/utente del “vecchio mondo”. Le multinazionali che li
possiedono, di fatto, maneggiano una quota enorme dello scambio mondiale di informazioni tra
privati.
Di qui la nascita di una nuova tipologia di marketing votato alla promozione commerciale di
prodotti materiali o ideologie che, viste le dimensioni della platea e le possibilità di segmentarla con
grande precisione, va rapidamente erodendo lo spazio tradizionalmente occupato dalla carta
stampata e dai network radio-televisivi. È quanto viene definito *mercato consumer*.
Parallelamente, e similmente, le diverse soluzioni di *cloud* professionale (Google Cloud Platform,
Amazon Web Services, Microsoft OneDrive) tendono ad accaparrarsi il *mercato business*, cioè la
sezione dei contenuti informativi e degli applicativi dell’apparato industriale e produttivo del
Pianeta. Dati grezzi, DataBase, Gestionali, sistemi di posta aziendale, ma anche software
applicativo, implementazioni di sistemi di intelligenza artificiale, tutto ciò viene tolto dalle sale dati
un tempo gestite dalle stesse aziende e trasferito su supporti collocati in un non-luogo chiamato
*cloud*. Il risparmio è spesso relativo mentre la delega nella gestione, nella scelta delle soluzioni
applicative, nella manutenzione del *ferro* e di quel che contiene è totale. I beneficiari sono
grossomodo sempre gli stessi pochi attori che tendono a spartirsi il mercato mondiale della
comunicazione.
Grazie a ciò una fetta crescente delle transazioni commerciali ed economiche può passare attraverso
sistemi di vendita online, ragion per cui vanno affermandosi diverse *valute* digitali, oggi ancora
incerte se affidare la propria garanzia a un’autorità monetaria (*ethereum*), a un bene materiale
*social*[ref]Cfr. LOST 2.2, [Piano d’azione contro il dominio dei monopolisti]({filename}/blog/1 eventi/20180516_Facebook.md).[/ref]. Mentre il governo indiano ha introdotto una forma di schedatura dei cittadini per mezzo
unico* alla persona[ref]Cfr. LOST 2.3, [Alcune tendenze totalizzanti nella società artificiale]({filename}/blog/1 eventi/20180527_TendenzeTotalizzanti.md).[/ref].
private: facebook, Google, Microsoft e Twitter[ref]Cfr. LOST 2.3, [Alcune tendenze totalizzanti nella società artificiale]({filename}/blog/1 eventi/20180527_TendenzeTotalizzanti.md).[/ref].
In una economia di mercato anche la tecnologia è una merce, ciò significa che ha determinati costi
(ricerca, sviluppo, l’implementazione), ha tempi di messa in produzione, necessita di un mercato,
ovverosia di acquirenti solvibili, e infine, oltre a ripagare le spese, deve generare degli utili secondo
tassi tali da permettere all’intero ciclo di riprodursi ed espandersi. Per riuscire in tutto ciò, si deve
anche organizzare – e non è l’ultimo dei problemi – una vasta massa di operatori secondo sistemi di
messa al lavoro e disciplinamento che siano conformi all’assiomatica complessiva.
Come tutte le altre merci, ogni innovazione mira a giocare sul tempo e ad approfittare di una
temporanea predominanza materiale per battere la concorrenza. Vi è quindi la costante necessità di
una messa a valore dell’*innovazione tecnologica*. Questo risultato si ottiene agendo su due piani:
(1) la creazione e il mantenimento di un numero adeguato di utenti, clienti e lavoranti (opportunamente formati, fidelizzati e disciplinati)
(2) la gestione della concorrenza (previsione delle altrui mosse, confronto e imitazione)
A ogni produttore è ben chiaro che quando le sue ‘esclusività’ saranno in mano ad altri, i margini di
profitto di cui gode non potranno che diminuire. Ciò vale sia per la materia tecnologica sia per le
implementazioni d’uso via via crescenti che questa permette, ma vale anche per la massa critica
degli utilizzatori. In meno di vent’anni facebook ha conquistato più di un miliardo di utenti, e gode
per questo di una posizione fortemente predominante. Sa però che altrettanto velocemente potrebbe
dover lasciare il posto ad altre tecnologie e ad altri sistemi (cosa che forse sta già avvenendo).
La messa a valore di un prodotto che è anche un *marchio* sottoposto al mercato borsistico presenta a
sua volta due piani distinti. Uno produttivo commerciale: la valorizzazione di una merce che
permetta di estrarre profitto da un investimento mediante la compravendita, e un piano finanziario[ref]Una relazione forte tra la tecnica e l’esplosione della cosiddetta finanziarizzazione c’è. Solo una tecnica di
interconnessione in tempo reale su lunghe distanze poteva permettere il passaggio dalle borse delle “grida” alle
piazze borsistiche moderne. L’afflusso iniziale dei capitali finanziari ha invece una storia diversa ed è legata a
quella che a suo tempo fu chiamata crisi petrolifera, che fu crisi per qualcuno ma non per qualcun altro.[/ref]:
la valorizzazione della rendita del capitale per i titoli cosiddetti *tecnologici* è spesso determinata
dalla massa degli utenti e dal trend di crescita. In virtù della strutturale evanescenza del prodotto, il
titolo tecnologico è un ottimo generatore di *bolle* finanziarie. Questo per dire che non bisogna mai
dimenticare l’eterogenea composizione del capitale e le oscillazioni tra le sue diverse anime.
In un sistema a economia capitalista, sistema che per sua natura è perennemente in disequilibrio, la
concorrenza, similmente a quanto fanno i differenziali dei tassi di sfruttamento, dà luogo a quei
vantaggi marginali che derivano da posizioni di predominio e che permettono di avvantaggiarsi
temporaneamente sul mercato. Da un lato il capitale complessivo si lancia nello sfruttamento di
nuove “frontiere” mercantili (nuovi bisogni, nuovi prodotti, nuovi consumatori), lavorative (nuova
forza-lavoro) e di risorse naturali (agrobusiness, estrattivismo), occupando quelle regioni del mondo
che gli garantiscono più alti tassi di sfruttamento e minore attenzione alla salute delle persone e
all’ambiente, essendovi ammesse tecniche produttive estremamente nocive ma redditizie. Dall’altro
lato i diversi capitali, con dietro i rispettivi Stati, sono costantemente impegnati in una spietata
concorrenza reciproca. In entrambi i casi il sistema tende a tornare verso una situazione di equilibrio
e di saturazione che riduce progressivamente i margini di profitto fino a farli scendere sotto il livello
necessario a impedire il collasso.
L’innovazione tecnologica rientra pienamente in questo tipo di ciclicità. L’introduzione di una
tecnologia nel processo di valorizzazione, sia essa intesa come come mezzo di produzione o come
merce finale, ha dei costi che sono sia di ricerca tecnica sia di analisi del ciclo produttivo in
relazione al nuovo mezzo di produzione, per meglio sfruttare le sue potenzialità. Si tratta di
frammentare, per scoprire fino a che punto si possono parcellizzare e automatizzare le fasi del
lavoro. Questa attività va sotto il nome di Intelligenza Artificiale, ma a ben vedere non è molto
diversa da quanto accadde con gli spilli di Adam Smith[ref]Cfr. LOST 1.3, [Genealogia del tecno capitalismo]({filename}/blog/1 eventi/20180318_Genealogia.md).[/ref]. Si tratta di costi che alla fine della fiera
devono generare dei profitti prima che si vanifichino per effetto della stessa concorrenza[ref]La concorrenza può portare anche a fenomeni d’altro tipo. Per esempio, quando WhatsApp inizia a cifrare le
comunicazioni, forse lo fa per scaricarsi dalla responsabilità giuridica di detenere il contenuto di terabyte di
messaggi (cit. Vecna, LOST 2.2), ma forse anche perché è fortemente incalzato dal suo acerrimo avversario Telegram, che ha fatto
da subito della cifratura delle comunicazioni la propria bandiera.[/ref]. Se la
concorrenza intercapitalistica è l’anima dell’economia, benché tenda a ridurre progressivamente il
vantaggio tecnologico e con esso il saggio di profitto, in un sistema monopolistico puro (come non
è quello attuale) che cosa succederebbe? E in un sistema para-monopolistico come quello ch’esiste
oggi? Non a caso gli Stati-nazione, in quanto espressioni più o meno salde di borghesie locali più o
meno “storiche”, oscillano tra ammirazione, imitazione e allarme, temendo di perdere il controllo
della conoscenza e di ridursi a fare da guardiani di un impero più grande[ref]Cfr. LOST 2.4, [Narrazioni del neoliberismo]({filename}/blog/1 eventi/20180530_ProgNeoLib.md), dibattito.[/ref]. Comunque sia, gli effetti
delle trasformazioni tecnologiche vanno sempre esaminati nella loro dimensione temporale,
all’interno di un ciclo di valorizzazione che ha una dinamica oscillatoria.
<center>-.-</center>
Una domanda ancora apertissima è in quale misura (e se) queste tecnologie abbiano prodotto
tipologie di merce realmente diverse. O, per formulare meglio la domanda: che cosa è realmente
valorizzato da queste tecnologie? Qui corre tutta l’interrogazione intorno al “lavoro immateriale”,
per esempio analizzato da Guglielmo Carchedi[ref]Si veda il suo saggio intitolato *Sulle orme di Marx, lavoro mentale e classe operaia*, Quaderni di Contropiano,
Napoli, 2017.[/ref], come anche da Formenti[ref]Cfr. LOST 2.4, [Narrazioni del neoliberismo]({filename}/blog/1 eventi/20180530_ProgNeoLib.md)[/ref], nonché oggetto di
attenzione costante da parte della scuola operaista.
Per meglio orientarsi nella ingarbugliata matassa che avvolge questo tipo di oggetti teorici, forse
conviene distinguere tra strumenti tecnologici “ludici” (per es. i social), l’uso dei quali è frutto di
una scelta ‘volontaria’ (seppur indotta), e strumenti (come per esempio quelli di controllo dei tempi)
che vengono imposti da chi acquista la forza-lavoro per usarla produttivamente (il computer per chi
lavora scrivendo, il braccialetto elettronico per gli addetti della logistica, l’app per il rider). Talvolta
le due cose coincidono o si scambiano le funzioni: per esempio l’uso di WhatsApp per coordinare i
gruppi di lavoro in alcuni contesti professionali è imposto, col risultato immediato di estendere di
fatto, ma non di diritto, la reperibilità all’arco delle 24 ore per 7 giorni alla settimana[ref]Un’interessante descrizione di questo genere di fenomeni emerge dall’attività dei cantieri socioanalitici raccontati
da Renato Curcio nel suo *L'egemonia digitale. L'impatto delle nuove tecnologie nel mondo del lavoro*, Sensibili alle
foglie, Roma, 2016[/ref]. Si deve
contemporaneamente riconoscere che il carattere implicitamente impositivo della tecnica lascia
sempre meno spazio alla scelta volontaria. Diventa sempre più difficile, per esempio, aprire un
conto corrente senza associarlo a un numero di cellulare e a uno smartphone, mentre di fatto alcune
transazioni (come l’addebito dello stipendio ma anche dei *voucher* per i lavori intermittenti) sono
indissolubilmente legate a un IBAN bancario.
Nell’analisi dei soggetti coinvolti nel campo di cui stiamo trattando, è utile chiedersi che ne sia
della figura del “tecnico” e domandarsi come avvengano l’analisi degli obiettivi, lo sviluppo, il test,
la messa in produzione di questo genere di innovazione tecnologica; se esista una pianificazione
strategica o se si sia ancora in una fase di ricerca; infine, quanto siano coinvolti istituti di ricerca
pubblici, di che natura siano gli investimenti che sostengono queste trasformazioni. Per esempio, in
alcun casi come l’India e la Cina, si direbbe vi sia un diretto apporto statale nel finanziamento e
nell’indirizzo delle scelte tecnologiche, in altri apparentemente meno, anche se bisognerebbe
verificare il nesso tra la ricerca militare e gli impatti sociali della tecnologia, visto che la ricerca
militare è ancora una prerogativa dell’apparato statale.
Infine, vale considerare che la genesi e definizione dei protocolli tecnologici implica l’esistenza di
un controllo standardizzato delle regole dello strumento prima ancora che del contenuto del
messaggio, Ciò vale per tutti i *social* ma anche per i *cloud* aziendali, che impongono in maniera
molto rigida le loro soluzioni.
<center>-.-</center>
Le tecnologie digitali hanno un forte impatto sul concetto di *gratuità* e sulla sua pratica:
- su internet (ma non solo) la gratuità è un paradigma oramai abbastanza scontato. Ci si aspetta
sempre che esista un minimo livello di accesso ai servizi online in forma gratuita o che esista
almeno un software gratuito che risponda a qualsiasi necessità. In realtà l’investimento per la messa
in opera dei servizi online è grosso e i costi di mantenimento delle piattaforme *social* sono
abbastanza elevati. Perciò, se la gratuità è un modo per generare la massa critica di utenti necessaria
per entrare nel gioco ed è un modo per accrescere il capitale finanziario aumentandone il corso sul
mercato azionario mondiale, d’altra parte questo po’ po’ d’investimento è necessario che renda
qualcosa, donde la necessità di valorizzare il BigData. Si è quindi aperto il torneo per vedere chi
meglio saprà utilizzare l’immensa mole di dati che i sistemi di oggi sono in grado di collezionare.
* Microsoft ha acquistato GitHub per 7 miliardi di USD e paga 1000 sviluppatori perché ci scrivano
codice ‘free’. È un investimento consistente sulla ‘gratuità’.
* Viceversa i due maggiori quotidiani online pubblicati in Italia hanno da poco e più o meno
contemporaneamente smesso di essere del tutto gratuiti. Evidentemente i milioni di contatti al
giorno non fruttavano abbastanza in termini di entrate pubblicitarie o di raccolta dati. Sarebbe
interessante vedere oggi qual è l’andamento degli accessi.
- immaginando la profilazione come una forma di pagamento per servizi *gratuiti*, si vede a che
punto siano state monetizzate la vita e le emozioni.
- i servizi / software gratis ricordano molto la caduta tendenziale del saggio di profitto di marxiana
memoria. Essendo questa famosa caduta una premessa alla crisi capitalista, ci possiamo aspettare un
momento di rottura ulteriore?
- resta aperta e oggetto di studio da parte degli attori principali, inclusi gli Stati nazionali e le
corporation, la questione dei rapporti del denaro virtuale con le istituzioni statuali, per esempio a
Da quanto finora detto, dovrebbe risultare evidente come in alcuni casi sia sempre più difficile
distinguere tra produzione e consumo, come anche separare la sfera intima da quella del mercato.
Schematicamente (e malamente) si potrebbe dire almeno quanto segue.
Lo schermo delega la presenza, diventa un fattore di intermediazione tra i soggetti. Se vale la
considerazione di Bauman secondo cui «La responsabilità, questa componente costitutiva di ogni
condotta morale, scaturisce dalla prossimità dell’altro. [...] La responsabilità viene messa a tacere
quando si erode la prossimità; essa può alla fine trasformarsi in avversione una volta che i soggetti
umani a noi vicini siano stati trasformati in “altri”»[ref]Zygmunt Bauman, *Modernità e olocausto*, il Mulino, Bologna, 1989, p. 250.[/ref]. Che ne è della percezione dell’altro mutuata
da uno schermo[ref]Cfr. [Il marketing sui bambini](https://docplayer.it/1565338-Il-marketing-sui-bambini.html), Free Festival delle bambine e dei bambini, 3a edizione, 2013.
[/ref]?
Con l’affermarsi dei monopolî del traffico dell’informazione si arriva a una standardizzazione delle
forme comunicative e a una polarizzazione su alcune formulazioni chiave, ben rappresentate
dall’uso dell’hashtag, fortemente semplificatorie della realtà.
Vi è una trasformazione in rapporto all’introduzione delle tecnologie nella percezione del tempo e
del concetto di presenza. L’immediatezza della comunicazione porta anche ad annullare o
quantomeno a derubricare il concetto di assenza: se non ci sono lo dico, quindi ci sono. Il controllo
sul presente sembra totale.
Socialmente le tecniche oggi tendono a massificare, uniformare. Un pugno di strumenti tecnologici,
sempre gli stessi, riempie le case di gran parte del Pianeta. La “varietà” culturale ed esperienziale
planetaria si riduce di fronte alla TimeLine di facebook.
Il gioco della tecnologia (anche quando è un gioco) diventa merce di scambio per informazioni
estremamente personali e private su ciascuno di noi. Dati personali, ubicazioni, relazioni, contatti,
sogni, desideri. La sfera del privato scompare, portandosi dietro il diritto alla menzogna.
L’*algoritmo della soddisfazione*, ossia il criterio di assecondare e stimolare nell’utente della rete la
sensazione di una *manque* per poi offrirgli *proprio il bene che fa per per lui*, meccanismo tipico del
marketing sia commerciale che politico, ha tra i suoi effetti non secondari quello di produrre una
conoscenza del mondo per ciascuno diversa. Ciascuno avrà la sua fetta di verità adatta a lui. Da
questo punto di vista sapere quali sono i punti di concentrazione dell’algoritmo della soddisfazione
e da lì analizzarne i cluster sociali che ne conseguono potrebbe rappresentare il maggiore valore, dal
punto di vista della profittabilità e dell’esercizio del controllo sociale, fornito dal BigData ai suoi
Non ci è dato sapere se i colossi della comunicazione saranno le vittime o i carnefici dell’*algoritmo
della comunicazione*.
**La ciclicità, l’energia**
Sul rapporto tra tecnologia, energia e cicli economici si può vedere l’articolo di L. Reynolds e B.
Szerszynsky *Neoliberismo e tecnologia: innovazione permanente o crisi permanente?*, pubblicato
in italiano sul secondo numero della rivista “CountDown”[ref]Edizioni Colibrì, Paderno Dugnano (MI), 2017.[/ref]. Di fatto l’impressione è che nessuna
delle innovazioni tecnologiche più recenti sia riuscita a far ripartire un ciclo economico bloccato da
una crisi che ha ormai toccato il decimo anno.
**Confronto con la storia recente**
Tra la seconda metà degli anni Settanta e la prima degli anni Ottanta, sull’onda delle lotte sociali e
da queste senz’altro sostenuto, prese vita un dibattito stringente sulle trasformazioni tecnologiche in
corso e sui loro effetti, in particolare nei riguardi del mondo del lavoro.
Nel 1978, Franco Piperno scrive: «*nel lavoro a domicilio il calcolatore sostituisce le fragili gambe
del caporeparto...*»[ref]F. Piperno, *Sul lavoro non operaio*, in “pre-print” 1/4, suppl. al n. 0 di “Metropoli”, 1978.[/ref]; l’anno dopo la rivista “aut aut” dedica il n. 172 al tema *Scienza, degradazione
del lavoro, sapere operaio*; nel 1980, Carlo Formenti pubblica per Feltrinelli *La fine del valore
d’uso. Riproduzione, informazione, controllo*; del 1981 è *Il comando cibernetico*, numero
monografico di [“CONTROinformazione”](https://www.inventati.org/apm/archivio/320/2/CON/controinformazione.php); nel 1984 Paola Manacorda, che già aveva pubblicato *Il
calcolatore del Capitale* nel 1976, dà alle stampe *Lavoro e intelligenza nell’era della
microelettronica*.
Sono i tempi della rivista “Sapere” e poi di “SE / Scienza Esperienza”, tempi in cui un dibattito
ricco, spinto da un clima sociale combattivo, testimoniava delle trasformazioni in atto anche in
campo tecnico-scientifico. Si assiste in quegli anni a uno scardinarsi della rigidità della fabbrica
fordista in favore di forme più parcellizzate e diffuse, sia a livello locale che globale, della
produzione di merci. Questo passaggio, che prelude alla progressiva riduzione delle tutele sindacali
e normative, allo smantellamento della contrattazione collettiva e alla riconduzione del salario a
“variabile dipendente” del profitto, prefigura il quadro attuale dove la microconflittualità e la
concorrenza tra i fornitori di forza-lavoro hanno preso il posto dell’identità di classe[ref]Cfr. LOST 2.4, [Narrazioni del neoliberismo]({filename}/blog/1 eventi/20180530_ProgNeoLib.md).[/ref]. Un simile
processo difficilmente avrebbe potuto prendere piede e affermarsi in tempi così rapidi senza il
supporto delle tecniche dell’informatica e delle comunicazioni, senza una progressiva introduzione
dell’elettronica nelle fasi di organizzazione della produzione e della produzione stessa. Parimenti si
può immaginare che l’afflusso di capitali finanziari a seguito di quella che una fetta di mondo,
quella occidentale, chiamò la crisi del petrolio (1973) si avvalse in misura significativa delle
maggiori possibilità di gestione e comunicazione delle transazioni di capitale su scala mondiale
permesse dalle nuove tecnologie[ref]«Tra il 1974 e a fine degli anni ’80 vennero costituiti numerosi mercati regolamentati per questi strumenti derivati
(in Italia molto più tardi viene costituito l’IDEM, Italian Derivatives Market) e ne furono estese le negoziazioni
anche a prodotti diversi dalle commodities agricole, come già era accaduto per i contratti futures. ll progresso
tecnologico di questi ultimi anni e l’introduzione dei sistemi informatici all’interno dei mercati finanziari, ha
indotto importanti ridefinizioni nella struttura e nel funzionamento dei mercati stessi. La telematica ha consentito di
passare dalle contrattazioni “alle grida” (durante le quali il titolo viene “chiamato” a una certa ora del giorno ed è
possibile negoziarlo per un tempo determinato) a quelle “in continua” (in cui il titolo è continuamente scambiabile,
durante tutta la giornata borsistica, inserendo gli ordini di acquisto o vendita sul book di negoziazione)». Salvatore
Cataldo, Luca Signorini, *Investimenti, finanza e tassazione nel settore agricolo*, Maggioli Editore, Rimini, 2010.[/ref].
Il dibattito sulla scienza accompagna da sempre il mutare delle soggettività e il conseguente
trasformarsi dei terreni e degli strumenti che le lotte sociali si dànno.
Il processo di scomposizione del ciclo produttivo, a guisa di quel che avvenne con la produzione
dello spillo, permette la sua delocalizzazione nella *fabbrica diffusa* dei distretti industriali o nel
mercato del lavoro globale. Gli attrezzi di questo scenario così ricomposto sono *anche* tecnici[ref]Cfr. LOST 1.3, [Genealogia del tecno capitalismo]({filename}/blog/1 eventi/20180318_Genealogia.md).[/ref].
che dello spazio, delle emozioni oltre che del comando[ref]Cfr. LOST 1.5, [Gamificazione e neuroscienze cognitive]({filename}/blog/1 eventi/20180418_Gamificazione.md).[/ref].
La proprietà conquista la conoscenza e la riduce a una merce come le altre (brevetti, copyright)[ref]Cfr. LOST 1.2, [Se questo è gratis, rompere i DRM]({filename}/blog/1 eventi/20180311_DRM.md).[/ref].