Title: LOST o del disequilibrio Date: 2018-10-17 Tags: Slug: disequilibrio LOST o del disequilibrio ------------------------ **Premessa** Quelle che seguono sono alcune considerazioni nate dopo i primi due cicli di LOST. Non costituiscono una premessa agli incontri dei cicli successivi né, tanto meno, vogliono essere una sintesi dei precedenti. Si tratta di osservazioni intese ad arricchire le [ipotesi iniziali]({filename}/pages/RFC.md) del progetto, scaturite dal riascolto degli incontri svoltisi presso il CSOA Cox18[ref]A organizzare LOST, i cui primi due cicli d’incontri si sono tenuti presso il CSOA Cox 18 nella prima metà del 2018, sono stati: il centro sociale stesso, il collettivo Ippolita, l’hacklab UNIT, la Calusca City Lights e l’Archivio Primo Moroni.[/ref]. L’attività scientifica consiste nell’ipotizzare determinati schemi interpretativi, pur con la consapevolezza che nessun modello potrà comprendere la materia del mondo. Ci si orienta quindi per approssimazioni successive e inevitabilmente capita che ci si sbagli, ma non per questo si deve ricominciare da capo né rinunciare del tutto. Contemporaneamente anche la politica, intesa come attività volta a trasformare il mondo, necessita inevitabilmente di un modello interpretativo che, a differenza di quanto si poteva pensare ai tempi in cui la scienza aveva un assetto deterministico, sarà traballante e lacunoso. Partendo da questi limiti (che sono innanzitutto di chi scrive) possiamo cercare di capire cosa sta avvenendo nel campo tecnico-scientifico considerando il ruolo degli attori, la storia precedente e facendo delle ipotesi -seppur timide- sulle possibili evoluzioni. Interesserà quindi la fenomenologia dell’impatto delle ‘nuove’ tecnologie (dove il digitale la fa da leone ma non è solo) ed anche la loro sostanza, sia materiale che organizzativa. Interesserà sapere chi paga e chi guadagna con tutto ciò, essendo assai evidenti i grossi interessi in gioco, ma anche “cosa” e “come” si paga e si guadagna, inquantoché non è detto che la posta in gioco sia solamente economica e/o materiale. Interesserà capire come accade che un meccanismo (tecnico o comunicativo) funzioni più di altri dal punto di vista della produzione di consenso e dove ciò possa portare, con particolare attenzione alla politica di cui si parlava prima[ref]Cfr. LOST 1.5, [Gamificazione e neuroscienze cognitive]({filename}/blog/eventi/20180418_Gamificazione.md).[/ref]. Inevitabilmente l’interrogativo arriva poi a come la politica (nell’accezione sopra detta) agisce su questo terreno. Ci sono sistemi che vanno costantemente alimentati dal punto di vista energetico, sistemi che una volta innescati si autoalimentano e sistemi in cui improvvisamente si determina un mutamento radicale degli equilibri, una trasformazione di stato non casuale ma che può dar luogo a sviluppi imprevisti. È inutile negare che è proprio quest’ultima eventualità a offrire le prospettive più interessanti in vista di un mutamento dello stato di cose vigenti. È molto difficile sapere dove esattamente si è, ma porsi una domanda del genere è già qualcosa. **LOST e il convitato di pietra** In ogni esposizione è buona norma indicare il campo preso in considerazione e i suoi eventuali limiti. Vediamo quindi di dire subito di cosa il LOST non si è occupato, affinché si possa pensare di recuperare in futuro o decidere consapevolmente di lasciar perdere. Fra tutte le scienze e le tecniche, LOST si è occupato prevalentemente del digitale, informatica, networking e applicazioni connesse. Indiscutibilmente si tratta del fenomeno oggi più appariscente e, probabilmente, dotato del maggiore impatto sulle nostre vite. Ciò non toglie che sia esso stesso figlio di alcune trasformazioni tecnologiche nel campo della microfisica e della scienza dei materiali che, per fare un solo esempio, hanno permesso l’estrema miniaturizzazione delle memorie e dei processori a costi ‘accessibili’ per un mercato di massa. Dove e come la ricerca di questa scienza si svolga è importante per conoscere le dinamiche sottese a quegli epifenomeni che costituiscono la nostra prima base di osservazione. Le *server farm* sotto il ghiaccio del polo o le transazioni finanziarie ad alta frequenza potrebbero sembrare un dato di fatto mentre non lo sono per nulla. Ogni sistema esplica la sua potenza per mezzo della trasformazione dell’energia. Le relazioni politiche internazionali si sono, almeno dall’inizio del Novecento, attorcigliate attorno alle risorse energetiche e, ancora oggi, gli Stati entrano in guerra per poter costruire un gasdotto, ma ciò non toglie la pregnanza della domanda: quelle del metano e del petrolio sono le fonti energetiche e le tecnologie che meglio si confanno alle nostre vite? Senz’altro la produzione di energia elettrica per mezzo di combustibili fossili impone grosse concentrazioni di risorse, richiede un’ampia delega al fornitore e produce notevoli dipendenze dalla fonte, cosa che alla Politica con la P maiuscola, quella degli Stati e dei *media mainstream*, non dispiace affatto perché definisce precisi ambiti e flussi di potere. Un altro aspetto che non è stato finora messo sufficientemente in risalto da LOST è quanto accade nel mondo della produzione, ciò vien chiamato *Business to Business*. Che ne è degli apparati di elaborazione dell’informazione delle piccole e grandi imprese? Che ne è dei software che regolano le transazioni commerciali di merci / denaro / eserciti? Che cosa sono divenuti oggi il tecnico informatico, l’analista programmatore e anche l’analista finanziario? Che gradi di libertà hanno queste figure, quando si confrontano con un’infrastruttura esternalizzata che vedono come un *servizio*? E quindi, infine, chi controlla quest’infrastruttura e ne assicura la manutenzione? L’impressione è che, similmente a quanto accade al privato cittadino quando si dota di uno smartphone che non può neanche più spegnere, così l’impresa si affidi sempre più a strumenti sul cui funzionamento non sa più nulla, cedendo così un ennesimo residuo di autonomia al monolito della tecnologia, ancor prima di entrare nell’arena del mercato. Interessa, si è detto, capire il ‘giro del fumo’: chi paga chi per fare cosa. C’è chi attribuisce una connotazione volgare e retrò a un simile approccio, ed effettivamente una serie di vicende politiche abbastanza recenti hanno dato fin troppo peso al lato economico della vita delle persone. Ma se dell’effettiva utilità di un approccio come quello qui brevemente indicato si potrà dire solo a posteriori, almeno dobbiamo fare lo sforzo di non dimenticare *mai* i lavoratori della Foxconn, della cui fatica ci gioviamo quando prendiamo un passaggio con BlaBlaCar. Potrebbe essere utile indagare anche gli effetti delle tecnologie sull’urbanizzazione e sulla trasformazione del contesto sociale nel suo complesso. Come potrebbero reggere megalopoli da 30Mil di abitanti senza un uso *industriale, capitalista, mercificato* della tecnologia? Quanto il modo dell’abitare / convivere / organizzarsi come individui associati delega oggi alla tecnica? E, ancora, quali sono gli effetti di modelli di mercato, questi sì del tutto nuovi, tipo Uber o AirB&B sul contesto urbano? Infine a LOST vale chiedersi *chi è* e dov’è finito l’utente finale, l’attore intermedio, il *villico* che, pur non essendo potente, non è per nulla ignorante? Anzi è proprio la storia della scienza a insegnarci che è dalle piccole officine che le migliori soluzioni arrivano alle accademie[ref]Clifford D. Conner, *Storia popolare della scienza. Minatori, levatrici e “gente meccanica”*, Tropea, Milano, 2008.[/ref]. Una riappropriazione collettiva della conoscenza e della capacità di *fare* è premessa imprescindibile, e al contempo auspicabile e benefico effetto, d’una capace lotta contro gli strumenti che aggrediscono le nostre vite. Ora torniamo al dunque, che è un bel dunque. **Diffusione degli strumenti a tecnologia digitale** Oggi la diffusione di Internet è senza pari, probabilmente nella storia dell’umanità non ci sono esempi di una tecnologia così uniformemente e capillarmente diffusa. Si può stimare a tre miliardi e mezzo il numero di smartphone in uso attualmente nel Pianeta, prodotti da un certo numero di marchi diversi che, però, non supera i duecento[ref][https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_produttori_di_telefoni_cellulari](https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_produttori_di_telefoni_cellulari)[/ref]. Al di là degli aspetti più strettamente tecnici, è un fatto rilevante che la gran parte delle informazioni scambiate tra le persone attraverso la rete viene filtrata dai collettori dei social principali. Google, facebook, Twitter, Instagram, WhatsApp, ... sono il punto di arrivo o di partenza della maggior parte delle interazioni rete/utente del “vecchio mondo”. Le multinazionali che li possiedono, di fatto, maneggiano una quota enorme dello scambio mondiale di informazioni tra privati. Di qui la nascita di una nuova tipologia di marketing votato alla promozione commerciale di prodotti materiali o ideologie che, viste le dimensioni della platea e le possibilità di segmentarla con grande precisione, va rapidamente erodendo lo spazio tradizionalmente occupato dalla carta stampata e dai network radio-televisivi. È quanto viene definito *mercato consumer*. Parallelamente, e similmente, le diverse soluzioni di *cloud* professionale (Google Cloud Platform, Amazon Web Services, Microsoft OneDrive) tendono ad accaparrarsi il *mercato business*, cioè la sezione dei contenuti informativi e degli applicativi dell’apparato industriale e produttivo del Pianeta. Dati grezzi, DataBase, Gestionali, sistemi di posta aziendale, ma anche software applicativo, implementazioni di sistemi di intelligenza artificiale, tutto ciò viene tolto dalle sale dati un tempo gestite dalle stesse aziende e trasferito su supporti collocati in un non-luogo chiamato *cloud*. Il risparmio è spesso relativo mentre la delega nella gestione, nella scelta delle soluzioni applicative, nella manutenzione del *ferro* e di quel che contiene è totale. I beneficiari sono grossomodo sempre gli stessi pochi attori che tendono a spartirsi il mercato mondiale della comunicazione. Grazie a ciò una fetta crescente delle transazioni commerciali ed economiche può passare attraverso sistemi di vendita online, ragion per cui vanno affermandosi diverse *valute* digitali, oggi ancora incerte se affidare la propria garanzia a un’autorità monetaria (*ethereum*), a un bene materiale (*petro*) o alla comunità degli utenti (*bitcoin*)[ref]Cfr. LOST 2.1, [Blockchain]({filename}/blog/eventi/20180506_Blockchain.md).[/ref]. In pratica, un numero ridottissimo di multinazionali ha in mano la gran parte delle comunicazioni (tra privati, tra privato e azienda, tra azienda e azienda), delle transazioni commerciali e delle funzioni di trattamento ed elaborazione di tutto questo enorme flusso comunicativo. Questo pugno di multinazionali, oltre a trarci del profitto, impone gli standard operativi, le soluzioni tecnologiche, tariffe e quindi anche le tecniche di sfruttamento e disciplinamento del lavoro. Che tutto questo sia in mano a imprese private può produrre situazioni di attrito con gli Stati nazionali che perdono, nei fatti, le prerogative proprie della forma-Stato per come è stata finora intesa in Occidente; non può quindi stupire che questi soggetti statuali cerchino variamente di difendersi, di aggirare il predominio sovranazionale delle *corporation* o, alternativamente, di usare in modo indipendente questo tipo di tecnologie. Per esempio, il governo dell’Iran ha provato a sviluppare un *simil twitter* nazionale e a caricare di costi l’uso di Twitter per cercare di rimediare alla propria mancanza di controllo che su questo *social*[ref]Cfr. LOST 2.2, [Piano d’azione contro il dominio dei monopolisti]({filename}/blog/eventi/20180516_Facebook.md).[/ref]. Mentre il governo indiano ha introdotto una forma di schedatura dei cittadini per mezzo della *Tecnologia del numero unico*, introdotta come volontaria nel 2004 ma divenuta obbligatoria tre anni dopo. Oggi con questo sistema sono censiti (*schedati*) più di un miliardo di indiani. Anche la Cina ha adottato la soluzione indiana, legandola inoltre a un sistema meritocratico. Un sistema simile è usato pure da Estonia e Svezia. Quest’ultima, coniugando le tecnologie informatiche e la cybernetica, sta sperimentando un sistema di chip sottopelle per legare indissolubilmente il *numero unico* alla persona[ref]Cfr. LOST 2.3, [Alcune tendenze totalizzanti nella società artificiale]({filename}/blog/eventi/20180527_TendenzeTotalizzanti.md).[/ref]. Nel 2009 si è tenuto un meeting in ambito UE per trattare dell’intercettazione delle chiamate Skype[ref]Cfr. LOST 2.2, [Piano d’azione contro il dominio dei monopolisti]({filename}/blog/eventi/20180516_Facebook.md).[/ref]. Nel 2017, a Ischia, si è svolto il primo summit del G7 al quale, insieme con i ministri dell’Interno dei sette Paesi più industrializzati del mondo, hanno partecipato i rappresentanti di quattro imprese private: facebook, Google, Microsoft e Twitter[ref]Cfr. LOST 2.3, [Alcune tendenze totalizzanti nella società artificiale]({filename}/blog/eventi/20180527_TendenzeTotalizzanti.md).[/ref]. In Italia sono stati recentemente stanziati 30 milioni di euro per facilitare le aziende nell’accesso alle nuove tecnologie, cioè per permettere agli imprenditori di capire che cosa possono farsene guadagnandoci, il che corrisponde esattamente al finanziamento di quella fase di analisi del ciclo produttivo che va conteggiata tra i costi dell’innovazione, con buona pace dei neoliberisti teorici del capitalismo puro. Ancora in Italia, il Movimento 5 Stelle propone una piattaforma para-social per la gestione della vita politica e della cosa pubblica. E così via... D’altra parte il predominio di alcune – come si è detto, pochissime – *corporation* nella manipolazione dei contenuti informativi scambiati su Internet espone l’utente privato a tre diverse tipologie di “attacco” da parte dell’intermediatore, secondo una scala di sua crescente forza di dominio: negazione (espulsione dalla rete), controllo (raccolta dati e informazioni, tracciamento, profilazione), raggiro (modifica delle informazioni sulla base delle caratteristiche o dell’identità dell’utente)[ref]Cfr. LOST 2.2, [Piano d’azione contro il dominio dei monopolisti]({filename}/blog/eventi/20180516_Facebook.md).[/ref]. Contemporaneamente a una pressoché completa omogeneizzazione degli strumenti usati per veicolare questo genere di informazioni – marche e modelli di PC e telefoni sono gli stessi su scala globale –, si assiste a una enorme riduzione delle capacità di controllo, manipolazione, adattamento dello strumento tecnologico da parte del suo utilizzatore, singolo o collettivo che sia. **Tecnologia come merce (rapporto tra tecnologia e capitalismo)** In una economia di mercato anche la tecnologia è una merce, ciò significa che ha determinati costi (ricerca, sviluppo, l’implementazione), ha tempi di messa in produzione, necessita di un mercato, ovverosia di acquirenti solvibili, e infine, oltre a ripagare le spese, deve generare degli utili secondo tassi tali da permettere all’intero ciclo di riprodursi ed espandersi. Per riuscire in tutto ciò, si deve anche organizzare – e non è l’ultimo dei problemi – una vasta massa di operatori secondo sistemi di messa al lavoro e disciplinamento che siano conformi all’assiomatica complessiva. Come tutte le altre merci, ogni innovazione mira a giocare sul tempo e ad approfittare di una temporanea predominanza materiale per battere la concorrenza. Vi è quindi la costante necessità di una messa a valore dell’*innovazione tecnologica*. Questo risultato si ottiene agendo su due piani: ~~~~ (1) la creazione e il mantenimento di un numero adeguato di utenti, clienti e lavoranti (opportunamente formati, fidelizzati e disciplinati) (2) la gestione della concorrenza (previsione delle altrui mosse, confronto e imitazione) ~~~~ A ogni produttore è ben chiaro che quando le sue ‘esclusività’ saranno in mano ad altri, i margini di profitto di cui gode non potranno che diminuire. Ciò vale sia per la materia tecnologica sia per le implementazioni d’uso via via crescenti che questa permette, ma vale anche per la massa critica degli utilizzatori. In meno di vent’anni facebook ha conquistato più di un miliardo di utenti, e gode per questo di una posizione fortemente predominante. Sa però che altrettanto velocemente potrebbe dover lasciare il posto ad altre tecnologie e ad altri sistemi (cosa che forse sta già avvenendo). La messa a valore di un prodotto che è anche un *marchio* sottoposto al mercato borsistico presenta a sua volta due piani distinti. Uno produttivo commerciale: la valorizzazione di una merce che permetta di estrarre profitto da un investimento mediante la compravendita, e un piano finanziario[ref]Una relazione forte tra la tecnica e l’esplosione della cosiddetta finanziarizzazione c’è. Solo una tecnica di interconnessione in tempo reale su lunghe distanze poteva permettere il passaggio dalle borse delle “grida” alle piazze borsistiche moderne. L’afflusso iniziale dei capitali finanziari ha invece una storia diversa ed è legata a quella che a suo tempo fu chiamata crisi petrolifera, che fu crisi per qualcuno ma non per qualcun altro.[/ref]: la valorizzazione della rendita del capitale per i titoli cosiddetti *tecnologici* è spesso determinata dalla massa degli utenti e dal trend di crescita. In virtù della strutturale evanescenza del prodotto, il titolo tecnologico è un ottimo generatore di *bolle* finanziarie. Questo per dire che non bisogna mai dimenticare l’eterogenea composizione del capitale e le oscillazioni tra le sue diverse anime. In un sistema a economia capitalista, sistema che per sua natura è perennemente in disequilibrio, la concorrenza, similmente a quanto fanno i differenziali dei tassi di sfruttamento, dà luogo a quei vantaggi marginali che derivano da posizioni di predominio e che permettono di avvantaggiarsi temporaneamente sul mercato. Da un lato il capitale complessivo si lancia nello sfruttamento di nuove “frontiere” mercantili (nuovi bisogni, nuovi prodotti, nuovi consumatori), lavorative (nuova forza-lavoro) e di risorse naturali (agrobusiness, estrattivismo), occupando quelle regioni del mondo che gli garantiscono più alti tassi di sfruttamento e minore attenzione alla salute delle persone e all’ambiente, essendovi ammesse tecniche produttive estremamente nocive ma redditizie. Dall’altro lato i diversi capitali, con dietro i rispettivi Stati, sono costantemente impegnati in una spietata concorrenza reciproca. In entrambi i casi il sistema tende a tornare verso una situazione di equilibrio e di saturazione che riduce progressivamente i margini di profitto fino a farli scendere sotto il livello necessario a impedire il collasso. L’innovazione tecnologica rientra pienamente in questo tipo di ciclicità. L’introduzione di una tecnologia nel processo di valorizzazione, sia essa intesa come come mezzo di produzione o come merce finale, ha dei costi che sono sia di ricerca tecnica sia di analisi del ciclo produttivo in relazione al nuovo mezzo di produzione, per meglio sfruttare le sue potenzialità. Si tratta di frammentare, per scoprire fino a che punto si possono parcellizzare e automatizzare le fasi del lavoro. Questa attività va sotto il nome di Intelligenza Artificiale, ma a ben vedere non è molto diversa da quanto accadde con gli spilli di Adam Smith[ref]Cfr. LOST 1.3, [Genealogia del tecno capitalismo]({filename}/blog/eventi/20180318_Genealogia.md).[/ref]. Si tratta di costi che alla fine della fiera devono generare dei profitti prima che si vanifichino per effetto della stessa concorrenza[ref]La concorrenza può portare anche a fenomeni d’altro tipo. Per esempio, quando WhatsApp inizia a cifrare le comunicazioni, forse lo fa per scaricarsi dalla responsabilità giuridica di detenere il contenuto di terabyte di messaggi (cit. Vecna, LOST 2.2), ma forse anche perché è fortemente incalzato dal suo acerrimo avversario Telegram, che ha fatto da subito della cifratura delle comunicazioni la propria bandiera.[/ref]. Se la concorrenza intercapitalistica è l’anima dell’economia, benché tenda a ridurre progressivamente il vantaggio tecnologico e con esso il saggio di profitto, in un sistema monopolistico puro (come non è quello attuale) che cosa succederebbe? E in un sistema para-monopolistico come quello ch’esiste oggi? Non a caso gli Stati-nazione, in quanto espressioni più o meno salde di borghesie locali più o meno “storiche”, oscillano tra ammirazione, imitazione e allarme, temendo di perdere il controllo della conoscenza e di ridursi a fare da guardiani di un impero più grande[ref]Cfr. LOST 2.4, [Narrazioni del neoliberismo]({filename}/blog/eventi/20180530_ProgNeoLib.md), dibattito.[/ref]. Comunque sia, gli effetti delle trasformazioni tecnologiche vanno sempre esaminati nella loro dimensione temporale, all’interno di un ciclo di valorizzazione che ha una dinamica oscillatoria.